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L’ANGOLO (del) MARITTIMISTA – Marittimi e pirateria, più tutela

Luca Brandimarte

Il nostro collaboratore e avvocato Luca Brandimarte, advisor for EU and legal affairs anche in Assarmatori, affronta oggi il tema riguardante i marittimi e pirateria.

ROMA – A partire dalla propria entrata in vigore, la Convenzione dell’ILO sul lavoro marittimo (“MLC, 2006”) ha rappresentato uno dei capisaldi normativi a tutela della cd. “Gente di mare” globalmente intesa sia a livello nazionale che internazionale.

La sua applicazione, ed in particolare il sistema di standard e regole introdotto, è oramai divenuta “universale” nel mondo del lavoro marittimo. In questo senso – proprio nell’ottica di offrire un crescente livello di protezione e tutela per il personale imbarcato – nel corso degli anni la Convenzione è stata a più riprese oggetto di modifiche ed integrazioni. Ciò nell’ottica di tentare di colmare eventuali “buchi” normativi e chiarire “zone d’ombra” su questioni non affrontate in maniera esaustiva dalle vigenti normative nazionali.

Ed è in questo contesto che si colloca l’ultima proposta di modifica della Convenzione avente ad oggetto l’introduzione di specifici standard a tutela dei lavoratori marittimi che, durante il proprio rapporto di lavoro, siano vittime di rapimenti o sequestri effettuati a seguito di atti di pirateria o rapine a mano armata verso le navi d’imbarco; modifica che, salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, dovrebbe divenire prossimamente effettiva.

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Questi standard, in sostanza, tentando di colmare un’esistente lacuna normativa, prevedono che i marittimi rapiti o rapinati in connessione ad atti di pirateria debbano essere remunerati e assicurano così una sorta di “sicurezza economica” per le famiglie dei marittimi nei periodi in cui questi ultimi dovessero essere tenuti in cattività in conseguenza di atti di pirateria o di rapine a mano armata effettuate verso navi.

Le modifiche proposte, nello specifico, prevedono che qualora i marittimi – durante il periodo di imbarco – siano vittime delle ipotesi criminose di cui sopra: (i) i rispettivi contratti di arruolamento rimangono validi per l’intero periodo di cattività indipendentemente dal fatto che in tale periodo scada il contratto di arruolamento o il termine di preavviso in caso di recesso (Cfr. standard A2.1.); (ii) continuano ad essere corrisposti in loro favore i compensi e le attribuzioni previste dal CCNL di riferimento fino al loro rilascio ed all’annesso rimpatrio, nonché in caso di decesso durante la cattività (Cfr. standard A2.2); (iii) il termine per la richiesta di rimpatrio non scadrà durante il citato periodo di cattività (Cfr. linee guida B2.5.1).

Dette modifiche, il cui iter di approvazione sembrerebbe oramai concluso, non fanno altro che tentare di introdurre un principio di tutela che in realtà è molto più semplice di quello che appare: e cioè che i marittimi rapiti o rapinati dai pirati devono essere remunerati.

Se si pensa che nel solo I° semestre dello scorso anno, dati alla mano, sono stati registrati quasi 100 episodi di pirateria (in particolare nel Golfo di Guinea) – in aumento di quasi un quarto rispetto all’anno precedente – è chiaro come la proposta di modifica della MCL, 2006 nei termini sopracitati vada senz’altro nella direzione di offrire una maggiore protezione alla (nostra e non solo) gente di mare.

Non resta dunque che attendere l’effettiva entrata in vigore delle modifiche sopracitate. È indubbio che queste ultime, se confermate, garantiranno una maggiore protezione e sicurezza in termini economici e sociali per i marittimi arruolati. Certo è che il tema della pirateria in alcune parti del mondo è ancora una minaccia che necessita di continuare ad essere monitorata e affrontata in maniera coordinata dalle autorità internazionali e nazionali interessate.

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Pubblicato il
20 Marzo 2021

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