Anche a Cecina parte il “marina” che Livorno nega
CECINA – La notizia è che dopo 23 anni di battaglie, partono da questa settimana i lavori del porto turistico di Cecina Mare. Ha fatto bene il presidente della Provincia Giorgio Kutufà a presenziare la cerimonia di inaugurazione, che ha il suo valore: infatti i lavori partono perché centinaia di soci della Circolo Nautico Spa hanno messo mano al portafogli, con una specie di azionariato diffuso che forse poi sboccherà in un investitore professionale e in una gestione altrettanto professionale, ma intanto ha dato un segnale.
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Le cifre: 140 milioni di investimento, 800 posti barca più altri 400 di “porto a secco” con alaggi veloci, 3 ettari di piazzali, 2000 posti auto e il consueto corredo immobiliare di circa 80 appartamenti, un hotel, 40 negozi, un centro benessere e un ipotizzato mercato del pesce (ma è dubbio che ci possa essere davvero se non “mini” visto che il comparto è in piena crisi). Giuliano Matteoli, presidente del Circolo e anima dell’iniziativa (è un omonimo del ministro dei Trasporti, ma nemmeno parente) è giustamente raggiante.
Se questa è la notizia, qualche considerazione non guasta. E sono considerazioni da livornesi: che da quasi quarant’anni aspettano invano un vero porto turistico come quello che fu allora progettato dall’architetto Martigli alla Bellana; mentre nel frattempo sono nati Cala de’ Medici a Rosignano e il “marina” comunale di Capraia isola, e stanno nascendo persino il mega-marina di Bocca d’Arno che tutti giuravano non essere realizzabile e adesso Marina di Cecina; mentre noi – come dicono i tanti soci dei circoli livornesi del Mediceo – “si resta a bocca asciutta, con lo sfratto delle nostre barche alle porte”. E’ notorio che il porto Mediceo, dove oggi stazionano almeno 600 barche, è stato concesso al cantiere Benetti che lo trasformerà in un “marina” privato per i mega-yachts, “sfrattando” (non si sa bene dove) le barche dei circoli. Allegria.
La morale? Non c’è morale, francamente, nell’incapacità degli amministratori livornesi di dare risposta a un comparto che muove investimenti, passione e anche tanti posti di lavoro. Si potrebbe parlare di ignavia, di incapacità culturale di comprendere il fenomeno della nautica nelle sue ricadute sociali ed economiche (eppure da più di mezzo secolo hanno avuto sotto gli occhi quell’immenso “marina spontaneo” dei Fossi, con migliaia di barche e barchette che ancor oggi li intasano) o peggio ancora, di cretineria amministrativa e politica.
Consoliamoci: con le nostre barche e barchette di prossimo “sfratto” dal mediceo livornese, andremo a chiedere ospitalità ai pisani di Bocca d’Arno o ai cecinesi di Giuliano Matteoli. Insomma, scapperemo all’“estero”, come la quasi totalità dei giovani livornesi che non vogliono accontentarsi della passeggiata sul lungomare e dello struscio alle baracchine. E se questo è il buongoverno…
A.F.
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