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Federlogistica contro la Silk Road

ROMA – Le tensioni internazionali tra USA e Cina, mai sopite anche durante la pandemia, si riflettono oggi sull’Italia che nell’UE ha assunto una posizione minoritaria a favore della “Via della Seta”: posizione oggi contestata da Federlogistica-Conftrasporto che in una sua nota “condivide pienamente le preoccupazioni manifestaste dall’ambasciatore degli Stati Uniti Lewis Eisenberg sui potenziali rischi derivanti dalle presenza cinese nei porti italiani”. È un allarme – ricorda il presidente di Federlogistica Conftrasporto Luigi Merlo – che avevamo già lanciato due anni fa nel Forum internazionale di Cernobbio organizzato da Conftrasporto-Confcommercio”.

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Sulla questione oggi interviene anche il vicepresidente Paolo Uggè, che afferma: “Quella dichiarata dalla Cina è una guerra, portata avanti in modo diverso, non esplicito, in una contesa per il potere. Il modus operandi è, tradotto in soldoni: ‘io ti finanzio, tu fai quello che dico’”. I pericoli di questa manovra sarebbero sottovalutati. “Dietro la definizione evocativa di Via della Seta – dice ancora Merlo – si cela un preoccupante disegno politico egemonico che passa attraverso il controllo delle infrastrutture strategiche del nostro Paese e che in troppi sottovalutano”. “Il Governo su un tema così delicato per la crescita dell’Italia deve esprimere una posizione unitaria, in sintonia con gli indirizzi comunitari – prosegue il presidente di Federlogistica – non è pensabile che le scelte possano dipendere dai singoli porti in assenza di un disegno geopolitico nazionale”.

“Il ‘governo dei mari’ e della logistica sarà il grande terreno di scontro e di potere a livello mondiale nei prossimi anni, al quale bisognerà farsi trovare preparati – aggiunge Merlo – Che ruolo esercita e può esercitare ad esempio, è spontaneo domandarsi, una nazione come la Cina su quello che sta avvenendo in molti Paesi africani e sui flussi migratori? Bisogna tenere conto che quasi tutti i Paesi africani sono indebitati con la Cina per una cifra che si avvicina ai 150 miliardi di dollari”.

L’offensiva contro la Via della Seta sembra però non coinvolga il governo, e tantomeno quei porti che con il capitale cinese – ma oggi anche indiano e di altri paesi del Far East – stanno posizionandosi in un quadro globale di strategie della logistica sempre più competitivo. Tanto che il Mediterraneo appare come il “ventre molle” dell’Europa, più aggregabile dalla finanza cinese secondo gli esperti delle associazioni citate.

A.F.

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Pubblicato il
8 Agosto 2020
Ultima modifica
11 Agosto 2020 - ora: 08:06

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