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Assoporti amara: niente ministro e niente di niente

ROMA – Non si spara sulla Croce Rossa, è una regola etica fondamentale anche nella guerra più cattiva. Così, anche se sarebbe facile sparare su Assoporti dopo l’ultima assemblea e il troppo cauto comunicato ufficiale che l’ha seguita, bisogna dare atto all’associazione dei porti italiani che a fronte delle colpe e del totale disimpegno del governo nei confronti del cluster marittimo, si è comportata con un aplomb quasi britannico.

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Tanto che alla fine è sembrato più concettualmente a sinistra (ammesso che la sinistra esista ancora) il senatore del Pdl Luigi Grillo che il presidente di Assoporti Francesco Nerli. Il quale avrà anche le sue personali amarezze, che si tira dietro da Napoli, ma ha mantenuto – con i suoi uomini del direttivo più vicini, compreso il suo vice piombinese Luciano Guerrieri – un atteggiamento molto più istituzionale che barricadiero.

Com’è noto, all’assemblea non s’è visto né il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Altero Matteoli – che pure era atteso – né una parte dei presidenti di Authority che fanno capo alla compagine di governo. C’è chi dice che non sono andati all’Assemblea perché si vergognano dell’atteggiamento del governo verso la portualità, le infrastrutture, il cluster marittimo più in generale. Sarà. Da registrare che alcuni presidenti siciliani, che il gossip aveva detto pronti a una rivolta nei confronti dei vertici di Assoporti, nella parte privata dell’assemblea avrebbero invece ribadito la propria lealtà. Ne prendiamo atto.

Il problema di fondo è che i “niet” di Tremonti – il quale dei porti proprio non vuol sentir parlare – non trovano opposizione a livello di governo. E lo stesso Matteoli alla fine è impotente di fronte al superministro dell’economia. Invano il senatore Grillo ha ricordato che alla fine le leggi si fanno in Parlamento ed ha promesso battaglia in aula.  Lo scoramento più totale sembra prevalere nei porti, nei terminal (che si sono visti brutalmente negare anche le modeste fiscalizzazioni degli oneri sociali proposte) e di riflesso in tutti coloro che in un modo o nell’altro lavorano per i traffici marittimi.

Detto questo, anche la bozza di proposta di legge per la riforma portuale è stata giudicata in Assoporti per quello che sembra: ossia un pastrocchio, con qualche elemento positivo e ben fatto ma anche con una serie di sfondoni. Sui dragaggi, per esempio, sembra che ci siano riferimenti a commi di legge che non sono più attuali da anni. E poi l’assurdo che il governo da tempo ha giudicato eccessivo il numero delle Port Authorities italiane, salvo poi con la riforma proposta istituirne altre (o rimetterne in auge di cancellate). In sostanza, molta delusione, molto scoramento, molti dubbi anche su come lo Stato italiano si sta comportando sui grandi temi europei delle reti TEN. Cicerone avrebbe detto: Usque tandem, Catilina? Il che ovviamente non ci consola.

Antonio Fulvi

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Pubblicato il
6 Ottobre 2010

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