Relitto Concordia, rebus destinazione

Luciano Guerrieri
PIOMBINO – Sulla destinazione del relitto della Costa Concordia, ammesso sempre che Micoperi & Titan riescano un giorno a rimetterlo in galleggiamento e portarlo via, continua la telenovela infinita delle indiscrezioni e delle illusioni.
Com’è noto a tutti, il recupero del relitto, nel contratto con i vincitori della gara (cioè Micoperi & Titan) finisce con la messa in galleggiamento. Spetta poi alla Costa Crociere, tuttora proprietaria della nave, decidere dove portarla per la fatale demolizione. E come è noto a tutti, la destinazione ad oggi indicata da Costa è il grande bacino di carenaggio di Palermo, sia per la sua disponibilità, sia perchè appartenendo alla Fincantieri – che tra l’altro è in crisi di lavoro – rientra nel ciclo delle strette collaborazioni tra Micoperi e il gruppo che ha costruito la Concordia.
L’ipotesi lanciata – inizialmente con forza – dal governatore della Toscana Enrico Rossi di far demolire la nave a Livorno ha perso rapidamente forza quando ci si è resi conto che il superbacino livornese non solo non funziona, ma non ha la soglia di acceso necessaria e infine il demolirvi il grande relitto sia un disastro ambientale per mezza città.
[hidepost]Di recente ha preso piede su certa stampa l’ipotesi toscana alternativa, cioè la demolizione a Piombino: che è già da tempo la base logistica di Micoperi per l’afflusso al Giglio di materiali vari e di carpenteria. Piombino, certamente è uno scalo più vicino al luogo della tragedia rispetto a Livorno, ha anch’esso crisi di lavoro nel settore siderurgico (Lucchini e Magona) e vi potrebbero anche essere le competenze per demolire la nave; ma, come Livorno, non ha un bacino adeguato – anzi, non ce l’ha affatto – né i fondali sufficienti all’ingresso del relitto e dei suoi cassoni di galleggiamento. Lo stesso presidente dell’Autorità portuale di Piombino e dell’Elba Luciano Guerrieri, che pure è un uomo prudente e pesa le parole, ci ha espresso fondati dubbi sulla possibilità che il suo porto possa ospitare il relitto. Senza considerare l’impatto negativo per il turismo dell’Elba che rappresenta uno dei fattori economici più importanti della zona.
Di altre ipotesi se ne fanno tante: quasi una al giorno. Ma al momento quello che sembra preoccupare di più è il sostanzioso ritardo dei tempi del recupero e la scommessa sulla successiva galleggiabilità del relitto. Molti tecnici sostengono che lo scafo, martoriato ormai da mesi dal mare, “crettato” in più parti e non certo robusto come quello di una nave da carico, potrebbe frantumarsi durante le operazioni di raddrizzamento o colare di nuovo a picco a pezzi all’inizio del suo rimorchio fuori dal Giglio. E preoccupa dunque la mancanza di un vero e proprio “piano d’emergenza” nel quadro delle operazioni di Micoperi & Titan, piano peraltro già sollecitato al ministero dell’Ambiente. L’intera vicenda dunque sembra ingarbugliarsi sempre di più, in parallelo alle complesse verità che stanno emergendo dal processo di Grosseto all’ex comandante della nave Francesco Schettino.
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