Già oggi l’8% delle navi non riesce a entrare ad Haifa e Ashdod – Tra gli ostacoli all’ammodernamento la resistenza dei sindacati – Le analogie con l’Italia

HAIFA – I risultati dell’anno appena concluso sembrerebbero esaltanti: il porto di Haifa, che con Ashdod costituisce il “duopolio” portuale israeliano su cui lo stato investe e continua ad investire, ha chiuso con 1 milione e 377.162 Teu, battendo tutti i suoi record e aumentando rispetto all’anno precedente dell’11,5%. E’ il secondo aumento importante perché anche il 2010 si era chiuso con un incremento simile.
Eppure in Israele guardano con crescente preoccupazione l’evolversi dei traffici marittimi nel Mediterraneo. Tanto che Yigal Maor, già alto dirigente della compagnia di bandiera Zim ed oggi direttore generale dell’Authority israeliana “Shipping & Ports”, ipotizza che se non sarà varato un veloce piano di ammodernamento dei porti e dei loro fondali “semplicemente le grandi navi dei contenitori non fermeranno più in Israele e si serviranno degli scali dei paesi vicini”.
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