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Quella rivoluzione (scomparsa?) del ministro Lupi

ROMA – Mettiamola così: chi ci capisce davvero è bravo, anzi bravissimo. Mi spiego: da una parte la commissione parlamentare del Senato va avanti – faticosamente – su una bozza di riforma della legge 84/94 che appare e scompare a cicli carsici ogni volta con cataste di osservazioni che a loro volta cambiano, rientrano, si modificano o spariscono a seconda di quanto appaiono preoccupanti le minacce di altri provvedimenti in discussione a Bruxelles; dall’altra c’è il ministro delle Infrastrutture e Trasporti in carica, persona peraltro che non sembra meritare l’appellativo di “pazzo” di recente elargita da Berlusconi all’allora suo ministro Tremonti, il quale ha lanciato la promessa di una riforma portuale tutta diversa e più che rivoluzionaria, contro la quale vengono di continuo sparate bordate di critiche. Si veda l’intervento di Sommariva in questa stessa colonna.
[hidepost]Non facendo parte degli esperti in materia legislativa e portuale – così metto tranquilli coloro che, presi da eventuale pazzia alla Tremonti, volessero candidarmi a quale presidenza di Port Authority – non sono in grado di giudicare quanta improvvisazione, quanta superficialità e quanto velleitarismo sono davvero nel Lupi-pensiero. Però lascia perplessi il fatto che il ministro ha lanciato il sasso e – come si dice – ha poi subito nascosto la mano: nel senso che non sembra aver dato seguito alla rivoluzione annunciata, che prevede tra l’altro solo una mezza dozzina di Autorità portuali, in riferimento alla legislazione spagnola sui porti con Spa a gestirli in chiave quasi privatistica, eccetera. Va bene che il povero Lupi si è trovato nel mezzo della tempesta della scissione del centrodestra, con tanto di stracci che volano e di accuse di “poltronismo”: ma forse se invece di occuparsi degli equilibri partitici al governo si pensasse un po’ di più a quelli dell’economia del paese, a noi poveri cittadini le cose potrebbero sembrare un po’ più chiare. Con un’ultima postilla: tutti pontificano, a volte sproloquiano e si strappano i capelli sul caso Alitalia che in effetti rasenta il fallimento. Ma che si sia levata una voce dal mondo politico sulla crisi della portualità e più in generale della logistica italiana, che da anni aspetta soluzioni davvero radicali. Eppure quasi il 90% delle merci arriva e parte via mare in questo paese. Boh?
Antonio Fulvi

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Pubblicato il
26 Novembre 2013

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