Pietro Chiesa a Genova c’è battaglia
GENOVA – C’è amarezza, ma anche battaglia, dalla Pietro Chiesa nel terminal rinfuse di Genova. A riprova che per l’organizzazione storica dei portuali con gli attuali “sistemi” dei porti i tempi non sono i migliori. Nella sostanza, una lunga nota sui vari blog della storica compagnia dei lavoratori portuali genovesi appaltatrice del lavoro temporaneo delle rinfuse, accusa i terminalisti di voler di fatto cancellare la stessa compagnia dal mondo genovese. “Scomparendo la Pietro Chiesa il “modello Genova” dell’organizzazione del lavoro portuale sarà invece nettamente definito – scrive la compagnia – terminalisti e CULMV, ossia lavoratori dipendenti e pool di manodopera. La lezione è dunque chiara. Come procedere? Un forte pool di manodopera – sottolinea la “Chiesa” – e la sindacalizzazione unitaria dei dipendenti e dei soci, l’esclusione di appalti di fornitura surrettizia di manodopera in chiave antisindacale, l’avvio immediato delle procedure per il Piano dell’organico e delle misure di politiche attive del lavoro e della formazione per sostenerlo, la redditività del lavoro fornito dalla CULMV grazie a tariffe trasparenti e finalmente remunerative, formazione finanziata dalla legge, così da stabilizzare anche il bilancio della Compagnia, sono i motivi che devono sostenere di qui in poi la strategia del sindacato e dei lavoratori portuali”.
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“Con un’avvertenza – conclude la nota – a Savona il modello non è quello di Genova, e a Vado – nonostante si tratti di un nuovo terminal soggetto alla stessa Autorità di sistema di Genova – stanno disegnando un modello savonese con un piccolo pool di manodopera e tante cooperative in appalto. Occorre allora cominciare a rivendicare l’unificazione dei due porti anche sul piano del lavoro, come stabilito dalla legge, e l’unità dei lavoratori portuali di Genova e Savona con un unico pool di manodopera e nessuna cooperativa art. 16!”.
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