LA SPEZIA – Neo-presidente dell’AdSP di La Spezia e Marina di Carrara, il dottor Mario Sommariva ha alle spalle una lunga carriera sulle problematiche del lavoro portuale come sindacalista di settore; ma anche di quelle più propriamente dei sistemi, come segretario generale (universalmente apprezzato) nell’AdSP di Trieste, fianco a fianco con altro VIP della portualità italiana Zeno D’Agostino. A La Spezia Sommariva ha ricevuto il bastone di comando dal predecessore presidente, l’architetto Carla Roncallo, che è brillantemente volata all’Autorità di Regolazione Trasporti ed ha lasciato a La Spezia e Carrara un ottimo ricordo. Al neo-presidente abbiamo fatto alcune domande sulla realtà che è chiamato a dirigere e gli siamo grati della chiarezza con la quale si è impegnato a risponderci. Augurandogli con l’occasione un sincero buon lavoro.
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Presidente, nel passaggio da un grande porto adriatico alla prima responsabilità di un grande porto tirrenico, la tua esperienza di lungo corso anche a livello nazionale sulle problematiche del lavoro è certo molto utile. Quali affinità ritieni di trovare tra i due sistemi e quali specificità più significative specie nel settore delle imprenditorie locali?
“Ci troviamo di fronte a porti che rispondono a mercati totalmente diversi. Trieste è porto della Mitteleuropa che movimenta solo il 10% di traffico destinato a mercati nazionali. La Spezia è porto dell’Emilia Romagna, della Lombardia ed in parte del Veneto. Un porto nazionale dunque. Le affinità, molto rilevanti, riguardano le connessioni ferroviarie e le relazioni con le aree retro portuali. La Spezia ha raggiunto una quota di intermodalità ferroviaria pari al 32 % del traffico container movimentato, ma abbiamo l’ambizione di fare ancora meglio. Si tratta di uno dei fattori essenziali per migliorare il complesso rapporto con il territorio che si aspetta, da parte di AdSP, iniziative decise per migliorare l’impatto ambientale del porto. Marina di Carrara è un porto specializzato nelle merci varie e nel “project cargo” e qui trovo affinità con Monfalcone. L’imprenditoria locale sta vivendo una fase di trasformazione. L’ingresso di grandi soggetti internazionali nel campo del terminalismo ha soppiantato le imprese nate, agli albori della riforma, dalla trasformazione di spedizionieri e agenti marittimi in imprese portuali. La reazione dell’imprenditoria locale a questi fenomeni è stata tuttavia molto positiva, “resiliente”, si direbbe oggi con parola di moda. La chiave di questa trasformazione è stata la specializzazione e l’innovazione nel settore dei servizi. Sia a Trieste che a La Spezia ho trovato, proprio nel settore delle agenzia marittime, dei doganalisti, degli spedizionieri, professionalità straordinarie, efficienza e innovazione anche per la produzione di nuovi servizi. Se da un lato quindi, le “multinazionali” del mare tendono ad occupare grandi spazi della catena logistica sia a mare che a terra, la nostra imprenditoria locale, dinamica ed innovativa, riesce a garantirsi importanti segmenti di mercato nel campo dei servizi. Questo mi pare nell’attuale panorama il ruolo nuovo e positivo dell’imprenditoria locale”.
Siamo da tempo in attesa che sia completata la riforma della riforma della 84/94, intorno alla quale hai lavorato anche tu in varie vesti. Il comune amico Nereo Marcucci sostiene che così com’è oggi articolata, la riforma crea problemi perché davvero funzioni al meglio il “sistema” nazionale e i presidenti abbiano chiari poteri e chiari regole. Tempo fa sul nostro giornale scrivemmo (Duci) che oggi voi presidenti dovete avere “la vocazione al martirio”. Siamo davvero a questo punto?
“Forse ho una visione meno pessimistica del nostro amico comune Nereo. Certamente ciò è dovuto anche al fatto che mi sto accingendo a fare il presidente di un sistema portuale praticando l’ottimismo della volontà e quindi “pensando positivo”. Tuttavia non mi sfuggono i problemi di funzionamento della riforma. Penso che le difficoltà principali derivanti da evidenti lacune nella visione nazionale, derivino essenzialmente dal mancato funzionamento della Conferenza dei presidenti. La legge l’ha prevista come sede di coordinamento della politica portuale nazionale ma dobbiamo dirci francamente che così non è andata. Io non ho supportato l’idea della creazione di un Ministero del Mare che recentemente, durante la crisi di governo, si era affacciata nel dibattito nazionale, penso tuttavia che un sottosegretariato con deleghe piene, all’economia marittima, che quotidianamente segua le problematiche dei porti e della marineria potrebbe essere una soluzione efficace. La suggestione di Duci penso sia legata alle tante vicende giudiziarie che hanno visto, per motivi spesso francamente poco rilevanti e che suscitano molti dubbi, i presidenti delle Autorità Portuali. Il tema è anche più ampio e riguarda la difficoltà di governare: pensiamo al tema dei sindaci e degli eventi calamitosi. Servirebbero riforme che aiutassero a colpire veramente le malversazioni laddove esistono consentendo invece l’assunzione di responsabilità, da parte di chi governa, senza essere terrorizzati da formalismi esasperati”.
È in corso un difficile scontro con la commissione di Bruxelles che pretende la tassazione delle AdSP come società privatistiche. Dall’esperienza maturata a Trieste, tra i porti più internazionali d’Italia, come funziona negli altri scali europei in particolare in Adriatico ma non solo?
“Io penso che, per mantenere un’efficacia di azione in un settore peculiare come quello della portualità, le AdSP debbano mantenere quella doppia anima, da un lato autoritativa e regolatoria e dall’altro di promozione dell’attività economica anche attraverso le partecipate, che segnava il vero tratto peculiare della riforma del 1994. Diceva sempre il compianto Francesco Nerli che le Autorità dovevano essere ad un tempo “rigorose e rigide come il pubblico e dinamiche e flessibili come il privato”. Se una critica devo rivolgere alla riforma “Delrio” è quella di avere troppo squilibrato sul versante pubblicistico la natura delle Autorità, non comprendendo fino in fondo che proprio questa in questa “doppiezza” risiedeva la forza trainante che ha fatto grandi i porti italiani almeno fino alla metà degli anni 2000. Chi oggi pensa che la soluzione al problema della tassazione dei canoni demaniali sia la trasformazione delle Autorità in S.p.A. pensa ad una scorciatoia probabilmente dannosa. Le Autorità di Sistema debbono mantenere sia le funzioni autoritative che quelle di promozione dello sviluppo, tanto più in un momento dove l’intervento pubblico a sostegno di un’economia in crisi appare indispensabile. Una vera riforma sarebbe dare una migliore efficacia a questo inscindibile equilibrio. Un modo per pagare le tasse, se questo sarà, si troverà”.
Antonio Fulvi