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INDUSTRIA

Dai marchesi Ginori Lisci il biometano e la bio-CO2 per la fabbrica Solvay

Alleanza a tre (benedetta da Giani) per un nuovo impianto: meno emissioni

MONTECATINI V. CECINA (Pisa). Un nuovo impianto di produzione di biometano e bio-CO2 da realizzare nella Tenuta Marchesi Ginori Lisci di Querceto (nella zona di Montecatini Val di Cecina): sarà di proprietà della loro azienda e risulterà in grado di produrre «2 milioni di metri cubi all’anno di biometano e 2.500 tonnellate all’anno di bio-CO2». Obiettivo: nel nome dell’alleanza tra agricoltura e industria saranno utilizzate per la produzione di carbonato di sodio e bicarbonato di sodio a basse emissioni di carbonio nell’impianto industriale Solvay di Rosignano (Livorno).

È questo il puzzle di un progetto che vede protagonisti le aziende Marchesi Ginori Lisci, il Gruppo Siad e la multinazionale Solvay. Lo hanno annunciato nel corso di una iniziativa a Montecatini Val di Cecina (Pisa) nel Museo delle Miniere alla presenza del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, del sindaco Francesco Auriemma e di altre autorità nazionali, regionali e locali. Occhi puntati su un impianto bio-CO2 che, come viene sottolineato, contribuirà a «promuovere le buone pratiche di economia circolare nel territorio e all’ulteriore decarbonizzazione delle attività dello stabilimento di Rosignano».

Così la Solvay ridurrà di 8mila tonnellate all’anno le emissioni di CO2

Cosa c’entra la Solvay? La grande fabbrica rosignanese – viene spiegato – si è impegnata ad acquistare 24 GWh all’anno per i prossimi 15 anni: in tal modo potrà «rimpiazzare con il biometano una parte del gas naturale utilizzato per alimentare i propri impianti energetici», dunque «riducendo le emissioni di CO2 derivanti dalla produzione di vapore». L’impiego di questa fonte di energia rinnovabile contribuirà, «a partire dal 2026», a far diminuire le emissioni di CO2 del sito di Rosignano «per circa 8mila tonnellate all’anno».

Il castello Ginori a Querceto, non lontano da Montecatini Val di Cecina

Il fulcro di questa operazione è la famiglia Ginori Lisci, proprietaria dell’omonima azienda, che «da oltre un paio di secoli» – viene messo in rilievo – costituisce «un punto di riferimento per il territorio, unendo tradizione, qualità e responsabilità ambientale». Tradizione: perché «fedele ai propri valori storici». Qualità: perché ha avuto la capacità di investire «costantemente in innovazione». Responsabilità ambientale: perché questa innovazione è «sostenibile».

Per quanto riguarda l’azienda Marchesi Ginori Lisci va detto che abbraccia una estensione di 2mila nell’entroterra della Val di Cecina. Non c’è bisogno di ricordare che gli avi delle generazioni attuali erano noti in mezza Europa per via della loro manifattura di porcellane, adesso il mix fra «tradizione, innovazione e sostenibilità» si esprime in «una produzione di prodotti biologici del territorio come vino, olio e uova». A ciò si aggiunga – viene precisato – l’impianto di biogas, che utilizza «la fermentazione dei prodotti e sottoprodotti agricoli per produrre energia elettrica rinnovabile»: l’ampliamento consentirà nei prossimi mesi di immettere biometano in rete.

Tutto parte con la trasformazione dei sottoprodotti agricoli in biometano

L’ingranaggio-chiave del progetto – questo il filo rosso dell’argomentazione – sta in «un modello circolare in cui i sottoprodotti agricoli vengono trasformati in biometano rinnovabile e CO2 biogenica». Tocca al Gruppo Siad, impresa specializzata nelle tecnologie per biometano e Bio-CO2 – insieme a Tecno Project Industriale, altra società del gruppo – realizzare e gestire «un impianto per il recupero e liquefazione della CO2, generata durante la produzione di biometano, per poi trasportarla e fornirla a Solvay, che la utilizzerà nei suoi processi di produzione di carbonato di sodio e bicarbonato di sodio nel sito produttivo di Rosignano». Per capire chi è Siad, basti dire che ha un fatturato al di sopra del miliardo di euro: questo, insieme ai 70mila clienti e ai 2.400 dipendenti nel mondo, ne fa uno dei principali gruppi chimici italiani.

Il presidente della Regione Eugenio Giani

È da aggiungere che la CO2 biogenica introdotta nel ciclo produttivo di Solvay farà calare il fabbisogno di CO2 di origine fossile e l’impronta “carbon” complessiva del sito di Rosignano.

Beninteso, non si parte da zero. Alle spalle di questo progetto c’è quello promosso sette anni fa da Solvay e Siad: all’interno del sito produttivo di Rosignano è stato costruito un impianto di cattura della CO2 dai fumi industriali: nei processi di produzione di carbonato e bicarbonato di sodio, previsto il riutilizzo di 40mila tonnellate di CO2 all’anno. Entrambi questi progetti – è stato affermato presentando l’iniziativa – «contribuiscono a migliorare l’indipendenza energetica di Solvay, riducendo le emissioni e rafforzando la competitività e la sostenibilità del parco industriale di Rosignano».

Luigi Malenchini, consigliere delagato dell’azienda di famiglia

La parola ai protagonisti dell’alleanza a tre

Il consigliere delegato Luigi Malenchini guarda al «mondo che cambia rapidamente». Lo fa per ribadire che «restare fedeli alle proprie radici significa anche saper guardare avanti». Aggiunge poi: «La sostenibilità non è solo una scelta etica, ma un impegno concreto verso le generazioni future e verso la comunità con la quale, da sempre, c’è un forte legame».

Il presidente della società Lionardo Ginori Lisci mette al centro un aspetto: «Tutto questo senza mai perdere di vista la qualità, che da sempre contraddistingue il marchio, e la centralità delle persone, con politiche aziendali orientate al benessere dei lavoratori e alla valorizzazione del talento locale».

Bernardo Sestini, presidente e amministratore delegato del gruppo Siad, ascoltiamolo ora spiegare: «Siamo convinti che l’innovazione, da sempre una nostra caratteristica, sia la base per lo sviluppo della sostenibilità ambientale. Nella filiera della CO2 biogenica, il gruppo Siad ha sviluppato soluzioni integrando il know how dell’engineering a quello dei gas industriali, permettendo di recuperare un prodotto di scarto e trasformarlo in risorsa per le diverse industrie (come la chimica e l’agroalimentare). Il recupero e l’utilizzo dell’anidride carbonica da processi a ciclo corto del carbonio permette lo sviluppo di un’economia sempre più circolare e sostenibile».

Nicolas Dugenetay, direttore dello stabilimento Solvay di Rosignano, vede in questo progetto «un passo tangibile nel nostro percorso di decarbonizzazione delle nostre attività». Grazie all’integrazione di biometano rinnovabile e CO2 biogenica nei processi «riduciamo il nostro impatto ambientale». Si dimostra – rincara – che «l’industria può creare, in sinergia con le realtà locali, nuove opportunità per superare le sfide della transizione ecologica».

Pubblicato il
31 Maggio 2025
di BOB CREMONESI

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