(di Antonio Fulvi)
Mondadori editore
(20 euro)
Per chi è attento a cogliere anche i simboli, la copertina di queste 330 pagine con 18 densi capitoli, è già un messaggio: l’immagine del continente africano dorata, accompagnata da un didascalia urticante (“La terra del futuro, concupita, incompresa, sorprendente”). La quale didascalia è poi largamente spiegata nell’introduzione: che mani in soffitta lo stereotipo di un continente disperato, supersfruttato e colonizzato da sempre, patria solo di gente affamata ( che può solo mangiare erba) che rischia d’affogare sulle carrette degli scafisti pur di sfuggire all’Afro-charesty perenne.
Federico Rampini, giornalista della vecchia guardia, di quelli che hanno davvero girato il mondo battendoci il muso di fuori dei gruppi turistici, ci riporta a un continente dove c’è oggi un boom di gioventù rampante e sempre più preparata, contro la denatalizzazione drammatica di un’occidente che non conosce più nemmeno i propri valori. Tanti, tantissimi giovani black, orgogliosi di essere black, che hanno centro culturali avanzati anche nelle grandi metropoli occidentali: che studiano, che inventano, che sono al vertice sia della musica che della poesia. E specialmente che nonhanno- brutalmente parlando- l’osso al naso: ma anche come governi e società sono perfettamente consapevoli dello sfruttamento in atto delle proprie risorse e sanno come sfruttare a loro volta lo scontro tra grandi gruppi economici mondiali. E in particolare tra Usa e Russia, con la Cina a farsi sotto.
In sostanza, è un libro da leggere a piccoli sorsi, meditando su ogni pagina. Un libro che ha il merito anche di far parlare dell’Africa prima di tutto gli africani: non solo i premi Nobel, ma anche i giovani imprenditori, i docenti scolastici, le modelle, gli studenti. Un libro che ci fa vergognare di tanti, troppi luoghi comuni che ancor abbiamo su Africa ed africani.