Cold ironing qualche dubbio di un fesso

LIVORNO – Sono tanti i temi che di questi tempi alimentano i talk-show, le polemiche politiche, gli scontri tra esperi e tuttologhi. Se vi piacciono i “gallinai” TV, non avete che da scegliere.

A far felice il volgo e l’inclita c’è la faccenda dei cold ironing: se n’è parlato anche lunedì sera al Propeller di Maria Gloria Giani, nella consuete sede dello Yacht Club Livorno. Con un punto a favore: la presenza di esperti, tra i quali Terna, che distribuisce come noto l’energia elettrica in Italia. 

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Torneremo sulla serata: qui mi consento qualche riflessione a caldo. Cerco di dimenticare che il porto labronico è stato antesignano dell’esperienza cold ironing, con un irpino a suo tempo definito pilota, nella realtà dimostratosi, come direbbe il governatore della Campania De Luca, “una sòla”.

Troppo presto, troppo sperimentale, troppo inutile, visto che di navi capaci di collegarsi e di usufruire della sua energia non ce n’erano. È diventato un relitto prima ancora di operare.

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Con la nuova ondata di cold ironing – ormai sono annunciati anche nei porticcioli di terza categoria, tanto l’UE ha stanziato allo scopo una pioggia di euro che – è il giustificativo – vanno spesi (ma andranno restituiti dai nostri figli e nipoti).

Dallo sciagurato esperimento di Livorno non sono cambiate molte cose: le navi adatte a utilizzare il sistema di aggancio ai cold ironing per tenere spenti tutti generatori di orso sono uno di una su 20 e sono meno di una su 100 quelle che operano nei porti italiani.

Vuol dire che le navi sono arretrate? No, anzi: molte sono già attrezzate per spengere i generatori in porto, utilizzando le batterie caricate in navigazione: altre usano per i generatori carburanti green. E in ogni caso gli impianti di cold ironing generosamente annunciati quasi ovunque, potranno entrare in funzione tra due o tre anni, quando quasi certamente tecnologia di oggi sarà superata.

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