ROMA – (ajcom) L’attuale volume di investimenti annui nell’ambito della transizione energetica è pari a 753 miliardi di euro, con una crescita annua del 7% che non è sufficiente ad evitare che il trend di aumento delle emissioni di CO2 (+2% annuo) consumi tutto il “carbon budget” rimanente.
«Nel 2021 è come se 4 trilioni di euro fossero stati investiti per aumentare le emissioni di CO2, creando un gap di circa 3,2 trilioni con quanto profuso finanziariamente nella transizione energetica» spiega Niccolò Sovico, ceo, ideatore e co-fondatore di Ener2Crowd.com, che nel 2020 era stato scelto da Forbes come uno dei 100 talenti del futuro under-30.
«L’analisi ci mostra due aspetti dirimenti di quanto sta accadendo e di quanto potrebbe accadere: il primo riguarda la totale insostenibilità del nostro modello economico, il quale per ripartire ha praticamente dirottato risorse finanziare in attività ad alta intensità carbonica 5 volte maggiori di quelle destinate alla transizione green; il secondo riguarda le prospettive di evoluzioni del modello, le quali non potranno più essere lineari ma necessariamente esponenziali, con la necessità di domandarci come affrontare l’avvicinarsi di un futuro a “costo marginale zero”, conseguenza inevitabile di una società sostenibile ed equa» sintetizza Giorgio Mottironi.
«I numeri dei vari scenari ci dicono che raggiungere la quota di investimenti necessari per scongiurare una catastrofe climatica è assolutamente possibile. Parliamo di un investimento massimo annuale pari all’1,15% della ricchezza finanziaria mondiale, una cifra che in realtà potrebbe essere mobilitata anche solo dal nostro Paese se fosse coinvolta la ricchezza privata liquida» mette in evidenza Niccolò Sovico.
Gli scenari confermano almeno in parte le dinamiche finanziarie emerse dagli obiettivi di riduzione delle emissioni COP26, individuando una forbice di investimenti più precisa, compresa tra 3,6 e 4 trilioni di euro all’anno, per un totale variabile tra i 32 ed i 36 trilioni di euro entro il 2030, e – soprattutto – tracciano una strada più progressiva di crescita degli investimenti mondiali collegata ad effetti, in termini di riduzione delle emissioni di CO2, altrettanto efficaci nel breve termine e più ambiziosi nel lungo termine, con la concreta possibilità di creare una condizione “carbon negative”.
«Il ruolo del programma di riforestazione “One Trillion Trees” (OTT) è fondamentale perché in termini di benefici ambientali è l’unico in grado di determinare una strada di forte inversione nella crescita della concentrazione di CO2 in atmosfera» commenta Giorgio Mottironi.
Oggi ci troviamo intorno alle 420 ppm, un numero pari al doppio delle 180-280 ppm fatte registrare negli ultimi 2,5 milioni di anni, che ci fa fare un balzo indietro di almeno 5 milioni di anni, riportandoci verso la fine del Miocene, quando tale concentrazione era pari a 500 ppm a causa delle intense attività vulcaniche sulla crosta terrestre.